L'emblema della comunità rurale romagnola e della riviera ligure ottengono il marchio di tutela: una riflessione e uno spunto a collaborare
Il cantante Samuele Bersani potrebbe gioire per essere stato un precursore dei tempi quando in una canzone recitava "Hai mai pensato a quel progetto di esportare la piadina romagnola?".
Giungono quasi in contemporanea le notizie di ottenimento dell'Igp (Indicazione Geografica Protetta) per la produzione di Focaccia con il Formaggio di Recco (piccola cittadina del versante ligure in provincia di Genova) e Piadina Romagnola. Due cibi poveri (per modo di dire) che con il tempo si sono fatti sentire - in tutti i sensi - e i loro consorzi di tutela sono riusciti a imporre il marchio europeo e stabilire un disciplinare per la produzione. Il disciplinare prevede determinati ingredienti, rendendone facoltativi altri e stabilendo una procedura di produzione comune di riferimento.
La definizione di un disciplinare, e quindi l'ottenimento di un marchio di tutela (DOC e DOCG per i vini e DOP, IGP, STG per prodotti tipici e tradizionali) se nel tempo ha portato a una maggiore vigilanza (quando possibile) dall'altra ha standardizzato in una certa qual maniera le fasi di produzione: un colpo al cerchio e un colpo alla botte per capirsi.
"Per i cibi poveri o "di strada"- sostiene il presidente dell'Associazione Streetfood Massimiliano Ricciarini - la questione è controversa. Si tratta di tradizioni personalizzate nel tempo di comunità in comunità, di famiglia in famiglia, di produttore in produttore. Spesso il bello nel mangiare i cibi poveri o "di strada", è proprio la differenza che si riscontra nella modalità di produzione e delle varianti in quantità e tipologia di ingredienti o nella forma. Si pensi alla piadina stessa che da Rimini a Ravenna cambia di consistenza e forma. Si pensi alla tradizione originaria che vedeva la piadina cotta nei testi di argilla e oggi cotta o riscaldata con piastra a induzione. Per quanto riguarda la Focaccia di Recco, si riuscirà ad avere la certezza nel mercato che tutto il prodotto in circolazione o somministrato sia realizzato con i prodotti indicati nel disciplinare (formaggio fresco con latte ligure tracciato ad esempio)? Streetfood in tal senso non ha contraffattori tra i suoi associati.
L'Associazione Streetfood non è contraria in senso assoluto all'istituzione di consorzi e marchi di tutela per i cibi di strada, come Piadina Romagnola e Focaccia di Recco, se servono realmente a tutelare il prodotto, la sua tradizione e la sua conservazione senza false copie ma anche se servono a evitare sofisticazioni e inflazione per il fatto di essersi fregiati dell'IGP (certificazione degli ingredienti e della procedura e uso del marchio piuttosto che una mera evidenza di qualità differente da quanto veniva offerto fino ad oggi in commercio)".
Per questo pubblicamente l'Associazione Streetfood si rivolge ai due consorzi per individuare sinergie e far conoscere il prodotto e le regole per una produzione di qualità riconosciuta e senza contaminazioni ne' contraffazioni nel mercato. Gli eventi sempre più numerosi organizzati da Streetfood possono essere uno strumento valido per tale obiettivo".
Comunicato Stampa Consorzio Piadina Romagnola
A battesimo il Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola. Primo atto ufficiale dopo l’ottenimento della IGP transitoria
Quattro province coinvolte, in una terra di Romagna che nel 2012 ha registrato una produzione di oltre 35 milioni di kg di piadina e un fatturato che sfiora i 100 milioni di euro
Farina, acqua, sale, strutto (o olio d’oliva), senza aggiunta di conservanti o aromi additivi. Dietro a questi pochi e semplici ingredienti si cela una delle protagoniste indiscusse delle tavole di Romagna, conosciuta e celebrata in Italia e nel mondo. E’ la Piadina Romagnola, un vero ‘cibo di strada’ che grazie al suo prezzo contenuto e alla varietà di abbinamenti, rappresenta ormai un fenomeno di costume che cattura gli amanti della buona tavola. E da oggi la prelibatezza simbolo della Romagna ha una marcia in più: dopo il riconoscimento dell’IGP (Indicazione Geografica Protetta) aggiunge un nuovo tassello nella valorizzazione del prodotto: la nascita del Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola, sostenuto da un gruppo di produttori in rappresentanza di tutta la zona di lavorazione consentita dal Disciplinare, da Rimini a parte della Provincia di Bologna (9 comuni sul tracciato del fiume Sillaro), passando per Forlì-Cesena e Ravenna.
Caratteristiche del Consorzio.
Obiettivo principale del Consorzio, Presieduto da Elio Simoni, sono una serie di iniziative tese alla valorizzazione del prodotto, soprattutto a seguito dell’importante traguardo del riconoscimento IGP (per ora transitorio su scala nazionale, in attesa che si esprima in merito la Commissione Europea). E proprio all’Europa guarda una delle prime iniziative del Consorzio che organizzerà una degustazione a Bruxelles davanti alla Commissione Europea illustrando storia, peculiarità, caratteristiche di questo prodotto simbolo della Romagna. Il battesimo del fuoco per la piadina del Consorzio, invece, è previsto a Vinitaly (Verona 7-10 aprile), la più importante manifestazione nazionale dedicata al vino, dove la Piadina Romagnola diventa il ‘pane ufficiale’ al ristorante del Padiglione dell’Emilia Romagna, visitato ogni anno da migliaia di winelovers, giornalisti e addetti ai lavori da tutto il mondo. La partecipazione avviene grazie alla collaborazione con l’Enoteca Regionale.
Quattordici in questa prima fase (al 22 marzo) le aziende artigianali o semi-industriali che animano il Consorzio, in rappresentanza dell’intero territorio: Adp (Riccione), Alimenta Produzioni (Riccione), Compagnia della Piada (San Giovanni in Marignano - Rn), Piadina Le Vele (Bellaria Igea Marina), Riviera Piada (Rimini), Piada d’Oro (Saludecio - Rn), Acquamarina (Coriano - Rn), Alla Casalinga (Roncadello Forlì), Come una volta (Forlì), Gitoma (Bagnacavallo - Ra), Deco Industrie (Bagnacavallo), Gastone (Ravenna), Graziano Piadina Romagnola (Massa Lombarda), Negroni (Castel Guelfo – Bo). Un numero è destinato a crescere in fretta dal momento che sono in corso di valutazione nuove adesioni da parte di piccole e medie aziende del settore.
I numeri della piadina.
Le ragioni del successo della Piadina Romagnola, sono da imputarsi proprio alla varietà delle proposte e alla semplicità di realizzazione, veloce, pronta e adatta in qualunque momento della giornata. Un ‘cibo’ alla romagnola che è diventato anche un business. E sono i numeri che muove a testimoniarlo. In Romagna la produzione delle piadine ha raggiunto i 35 milioni di kg per un fatturato di circa 70 milioni di euro, che salgono a 92 se si considerano le zone contigue di San Marino e dell’Emilia. E a questi numeri vanno aggiunti i fatturati dei chioschi, veri testimonial dell’artigianalità del prodotto, diffusi in ogni angolo della Romagna e il cui giro d’affari è stimato in ulteriori 15/20 milioni di euro.
Riguardo ai canali di acquisto del prodotto, il 76% avviene nella Grande distribuzione (Gdo), il restante nell’Horeca. Guardando infine alle aree di vendita, la Piada si afferma come prodotto nazionale, con il 32% nel Nord-Est, il 31% nel Nord-Ovest, il 18% al Centro, il 19% al Sud.
Gli ingredienti.
Quattro gli ingredienti base della Piadina: Farina di grano tenero; Acqua (quanto basta per ottenere un impasto omogeneo); Sale (pari o inferiore a 25 grammi); Grassi (strutto, e/o olio di oliva e/o olio di oliva extravergine fino a 250 grammi). Il Disciplinare contempla anche materie prime opzionali come gli agenti lievitanti (carbonato acido di sodio, difosfato disodico, amido di mais o frumento, fino a 20 grammi), con il divieto di aggiungere conservanti, aromi e/o altri additivi.
Dopo l’impasto e la porzionatura in pani o palline, il passo successivo è la laminatura attraverso matterello manuale oppure laminatrice meccanica. Infine, la cottura su un piano cottura che varia da 200 a 250°C con un massimo di 4 minuti. Per potersi fregiare dell’Igp la Piadina deve essere confezionata nelle sole zone di produzione stabilite.
Il Disciplinare presenta la piadina al consumo in due tipologie: quella con un diametro minore (15-25 cm) ma più spessa (4-8 mm), e alla Riminese con un diametro maggiore (23-30 cm) e più sottile (fino a 3 mm).
Cenni storici.
Antichissima l’origine della piadina, che si fa risalire al tempo dei Romani. Tra i primi a citarla anche Virgilio nel VII libro dell’Eneide quando scrive di una exiguam orbem, un disco sottile che una volta abbrustolito, veniva diviso in larghi quadretti.
Si tratta di un cibo semplice che nel corso dei secoli ha identificato e unificato la terra di Romagna sotto un unico emblema passando da simbolo della vita rustica e campagnola, "pane dei poveri", a prodotto di largo consumo. Tra i cantori della piadina troviamo illustri esponenti della letteratura italiana, come Marino Moretti, Aldo Spallicci (col suo nome ha intitolato la rivista di tradizioni romagnole“ La Pie” da lui fondata nel 1920) e soprattutto Giovanni Pascoli. Al poeta di San Mauro va il merito di ufficializzare il termine ‘piada’, italianizzando la parola romagnola ‘piè’. Pascoli in un famoso poemetto tesse un elogio della piadina, alimento antico "quasi quanto l'uomo", e la definisce "il pane nazionale dei Romagnoli".
Fino a cent’anni fa, la “piadina” era un sostituto del pane a cui si ricorreva tra un’infornata settimanale del pane e l’altra. Nel secondo dopoguerra, la “Piadina Romagnola” si è diffusa sia nelle campagne che nelle città, non più considerata un surrogato del pane, ma una golosa alternativa. A partire dagli anni Settanta, alle “piadine” casalinghe si accompagneranno quelle di produzione artigianale. Nell’area costiera della zona di produzione, e soprattutto nel riminese, si è storicamente diffusa ed affermata la “Piadina Romagnola” o “Piada Romagnola” alla Riminese caratterizzata dal fatto di essere sottile e flessibile.
Piada e abbinamenti.
Accanto alle varianti più tradizionali che la vedono accompagnata a salumi, affettati, formaggi, salsiccia, verdure gratinate o erbette, senza disdegnare la farcitura dolce con nutella, miele o marmellata, negli anni, adeguandosi alle mode e alle tendenze gastronomiche del momento, si sono moltiplicate le varianti più innovative. E così troviamo la piadina con formaggio greco feta, rucola e vesuviani, o quella con pecorino al tartufo, rucola e crema di porcini. Anche se la coppia piada- squacquarone (formaggio molle tipico della Romagna che da meno di un anno può fregiarsi della DOP) è senza dubbio una delle più amate dai “cultori” romagnoli.
Parente stretto della piadina, ma meno conosciuto, è il crescione o cassone. Si tratta di una piadina farcita prima della cottura e ripiegata su sè stessa. Nella ricetta originaria era ripieno di verdure (di solito erbe di campo saltate in padella con aglio e olio), oppure di zucca, patate e formaggi. Oggi sono infinite le varianti del crescione che ne fanno un ecclettico protagonista di cene leggere o merende gustose.